Adversus – La recensione

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Di Redazione Metropolitan

Adversus. Ci ho messo un po’ per riuscire a mettermi seduta alla scrivania e – ripetendomi come un mantra “ ce la puoi fare” – provare a scrivere quello che penso di Adversus, il nuovo disco del Colle der Fomento. Il nuovo cd del Colle der Fomento. Chi vi scrive ancora non riesce a crederci. Sembra ieri che Ellie si sia fatta il primo tatuaggio. Che tatuaggio? Una rosa – simbolo del Ka-tet di Roland di Gilead – con scritto Pioggia Sempre.

Undici anni. Undici anni passati ad ascoltare e riascoltare del canzoni del Danno e del Masito, trovando in ogni frase, ad ogni ascolto, qualcosa di nuovo, qualcosa di unico, qualcosa che appartiene non solo a me ma a tutta la mia famiglia.

Colle der Fomento (foto dal web)

Scusate, forse corro troppo, ma oh, ragazzi, undici anni. Undici anni. E ne sono valsi la pena. Dal primo giorno all’ultimo. Ogni minuto, ogni ora, ogni mese d’attesa. Ne sono valsi davvero la pena.

Cominciamo dalle periferie, da quella Roma est dove nasce la storia del Colle e della sottoscritta. Si vive con le strade sporche, tra i pezzi, tra i palazzi. Qui nasce la storia di un gruppo che ha narrato la realtà di tanti di noi. Di così tanti di noi che l’Ottavo Colle forse non ne ha neanche idea. Le sere passate a ripeterci le loro strofe, trovando come unica consolazione quelle rime. Perfette, strazianti, feroci.

«Troppi tornano corrosi o con i sogni corrotti

da uno stato d’ipnosi che non sta,

e troppo non sta,

e il conto non va mai in pari,

tra banchieri e palazzinari

hai pagato per il sole e t’hanno dato solo temporali».

Le canzoni del Colle hanno sempre narrato un certo tipo di periferie, le stesse che condividono con il proprio pubblico (foto dal web)

Questo è il Colle. Questa è Roma. Un modo di sentire, un modo di essere. E siamo stati per anni a camminare per quelle periferie , a farci bastare quello che ci avevano regalato. Dieci anni a scoprire, nonostante le sapessimo a memoria, nuove pepite, nuovi significati, nuove interpretazioni. Dieci anni, che se il cd uovo non fosse uscito non ce ne sarebbe importato nulla (o quasi), perché trovavamo nuovi strati di significato in ogni singola strofa.

Alla fine, come ci hanno sempre ripetuto, è solo amore se amore sai dare. E d’amore ne hanno da dare ancora, ancora e ancora. Hanno promesse da mantenere, il nostro amore da ricambiare. Credo che sia così che nasce Adversus. Dopo anni di sofferenza e dopo anni che, oh, massicci, abbiamo ancora così tanto da prendere e da dare, a tutti voi. A ogni singolo cuore pronto a esplodere di rabbia, tristezza, rancore.

Il sorriso di Simone Eleuteri aka Er Danno (foto dal web)

Il Danno e Masito a sorpresa escono in questo triste autunno con un cd che noi, piccoli orfanelli smarriti in questo mare di superficialità trap, non ci aspettavamo. E ci hanno ricordato che non siamo zombie, non sopportiamo l’essere di una morte vivente. Il rap c’è, è vivo, non stiamo “rappando al suo funerale”.

Partiamo da un Intro che si presenta da solo. Partiamo da Storia di una lunga guerra. Storia della vita mia. Della vita nostra. O non credete? La storia di qualcuno che combatte, in ogni significato che la parola può assumere. In che senso? Fatevelo spiegare:

«C’è una guerra là fuori non puoi startene in disparte

C’è una guerra dentro, ti consuma nella mente e carne

C’è un nemico che spara se non spari tu per primo

E c’è un nemico nel riflesso dello specchio ogni mattino».

Per citare altri rapper, la prima lotta si fa a casa, la seconda è con te stesso. Non so, forse per qualcuno ci sarebbe da aggiungere altro, ma non per quanto mi riguarda. Il mio peggior nemico è il mio riflesso nello specchio. Riuscite a reggere quello sguardo? Riuscite a guardarvi negli occhi, allo specchio, ogni mattina, senza vergognarvi? D&M ci lasciano davanti a tale quesito, uno di quelli fondamentali nella vita. Riesci a guardarti negli occhi senza vergognarti di te stesso?

A sinistra Er danno, a destra Masito, con in dosso le felpe prodotte da loro (foto dal web)

Lo stesso mood continua, in un certo senso, nella seconda traccia. Sto parlando di Eppure sono qui, con un ritornello che lascia spazio a molte interpretazioni, tutte però chiuse in uno stesso strato di significato:

«Eppure sono qui, come se fosse facile perdere

eppure sono qui, anche se sempre meno da scegliere

ma ancora sono qui, come te mentre, cerco di essere

perché solo qui trovo me, l’avversario da stendere».

Personalmente la vostra affezionatissima Ellie ama quasi sopra a ogni altra traccia di Adversus Penso diverso. Una traccia che sa di sociale e politico. Di odio e amore. Di perdita e conquista, spesso mancata. Spero vivamente che passerete, come me, i prossimi mesi ad ascoltare a ripetizione Adversus, cercando di imparare a memoria le canzoni, cercando di cogliere le sfumature.

Quello che c’è da dire è che dieci anni siamo disposti ad aspettarli tutti, se questo è il risultato. Che nonostante parlino di molti sbagli fatti – e li amiamo anche e soprattutto per questo – questi non riguardano in alcun modo la loro produzione discografica.

Il Danno e Masito non hanno fatto un passo falso. Non uno. Qualità vera, mai quantità. Sostegno della scena vera, non finta partecipazione. Ah, scusate, parliamo di partecipazione? Provate a non commuovervi sentendo Polvere, la canzone dedicata a Primo. Provateci, e se riuscirete a rimanere indifferenti, a non pensare a qualcuno di importante che avete perso, vi offrirò una birra.

Non lo so ragazzi, il 16 novembre – il giorno in cui è uscito il disco – ero in partenza per Londra. Avevo l’aereo alle 7:00 del mattino e comunque, mentre andavo a Fiumicino, ho costretto mio fratello a metterlo. E ho sentito un palloncino gonfiarsi nel mio petto. Ho sentito qualcosa di nuovo e di vecchio accompagnarmi in quell’avventura.

L’hip hop non è solo musica, ma arte in generale (foto dal web)

L’anima funk e hardcore rimane, il Colle continua per la propria strada senza curarsi affatto di quello che lo circonda. Non cercano feat con i grandi nomi della trap (rimanendo fedeli a Kaos One, Roy Paci e Bassi Maestro), a cui spesso sembra si rivolgano, un po’ rimproverandoli per tutta questa moda fatta di “Ice” ed “Eskere”, un po’ ignorandoli, guardando solo al proprio obiettivo. Continuando a combattere la propria guerra. Una lunga guerra che non entra in polemica con il nuovo, esprimendo la profonda consapevolezza di non volerlo né poterlo fare. Quello che trasuda dalla gran parte delle tracce – in particolare dalle dolorosissime Noodles e Penso diverso – è puro disincanto. Il disincanto di qualcuno che si è reso conto di non poter essere più portatore di un reale cambiamento ma che allo stesso tempo, decide di non adeguarsi.

Le sperimentazioni sono tante e danno vita a una palette produttiva ampia ma ben definita: dalle chitarre di Eppure sono qui alla ballad di Nostargia, dalle immagini cinematiche di Miglia e Promesse all’aria un po’ jazz e fumosa dell’immancabile inno al THC Musica e Fumo.

Anche sul piano metrico il Colle rimane fedele a se stesso, impegnandosi in finezze che però non scadono mai in onanistici e sterili esercizi di stile. La scrittura sempre forbita si cristallizza spesso in immagini lucide e chiare, quasi lampanti, che arrivano al fondo del significato.

E il significato vero di questo disco – che ci riporta al 1998 nonostante sia assolutamente nuovo – non è rap contro trap: è l’onestà contro la falsità del successo momentaneo. È umiltà contro il “sentirsela calla” per il numero di follower. È la semplicità dell’amore per la musica contro l’artificiosità costruita delle immagini su Instagram.

Ho sentito qualche ragazzo un po’ più giovane di chi vi scrive chiedere se, sinceramente, c’era bisogno di un nuovo disco del Colle der Fomento.

Mi permetto di rispondere sì, c’era davvero un bisogno disperato di questo disco. Del disco che probabilmente sarà il disco hip hop dell’anno.