Tentato suicidio a Torino, la madre gli aveva staccato il Computer

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Di Maria Paola Pizzonia

Drammatica notizia quella del suicidio di un ragazzo torinese, lanciatosi dal quinto piano dopo una discussione con la madre. La vicenda, seppur tragica, fa riflettere sulla fragilità diffusa di una generazione.

Un suicidio tremendo, quello del diciannovenne che si è buttato dalla finestra, Sabato, nella periferia di Torino. Il ragazzo, la cui identità non è ancora stata svelata, è ancora in prognosi riservata.

Si è buttato dal quinto piano, stava discutendo con la madre.
Sembra che la donna volesse togliergli il pc, che era diventato ormai un’ossessione per il diciannovenne, che limitava la sua socialità portandolo a stare giorno e notte chiuso in casa.

La vicenda:

«Mio figlio diventava violento non appena gli facevo notare che aveva un problema con internet»

Queste le parole della madre del ragazzo, che racconta anche che non era la prima volta che si litigava in casa.
Due ore prima del tentativo di suicidio, la polizia era intervenuta, chiamata dai vicini di casa, che per tutta la mattina avevano sentito le grida della madre. Invece, all’arrivo dei carabinieri, entrambi avevano risposto che andava tutto bene.
Due ore dopo la polizia è dovuta tornare, perchè allertata del corpo di un ragazzo che, a terra, era inerme in una pozza di sangue.
Ma era ancora vivo.

La madre aveva poco prima cercato, per l’ennesima volta, di far uscire il figlio dalla stanza in cui si chiudeva per ore davanti al pc, fino a staccargli il computer.

Perciò la vicenda in sè s’è svolta molto velocemente.

Lei gli strappa la tastiera dalle mani.
Il figlio, semplicemente, prende la rincorsa e si lancia dalla finestra.

Il tentato suicidio ha quasi ucciso il ragazzo, che ora è in prognosi riservata.

Domenica, il giorno dopo il suicidio.
Il ragazzo ha traumi multipli e danni a vertebre e caviglie. Ricoverato al CTO dell’ospedale locale, la sua sorte è incerta.

A sua discolpa, il diciannovenne non ha avuto un’infanzia facilissima. Il papà è andato via di casa da anni. La sorella, esasperata dal clima familiare, si è fatta una vita non appena ha trovato un fidanzato
Non usciva mai, non credo di averlo mai visto” , sono le frasi che più spesso dicono i vicini, residenti in quelle case popolari azzurre.

Dall’isolamento al suicidio, nessuno ha mai offerto cure al diciannovenne.

La madre conferma agli agenti che trovava il figlio sempre attaccato a Internet, e che diventava violento non appena gli si faceva notare che aveva un problema col pc. La madre non ha mai pensato di occuparsi di questo “problema” del figlio, non avendo compreso la gravità e la natura del problema. Vivendo questo dramma in totale solitudine, lei stessa, che dai vicini di casa è stata vista più volte un po’ depressa e taciturna.

«Sabato gli ho tolto la tastiera dalla mani e l’ho buttata per terra. Mio figlio si è arrabbiato moltissimo e mi ha aggredita. Poi ha recuperato la tastiera e si è lanciato giù

Madre del ragazzo

Il reale problema è stato infatti non comprendere il disagio del ragazzo

Non si tratta infatti di un semplice suicidio, il ragazzo che si è tolto la vita nascondeva un problema molto complesso.
Era un Hikikomori.
Si definisce Hikikomori una persona che sceglie di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento. Il termine è giapponese e significa letteralmente “isolarsi” (viene dalle parole hiku\tirarekomoru\ritirarsi) e infatti il problema principale di un Hikikomori è la fobia sociale estremizzata, che lo porta proprio a riifiutare ogni forma di socialità, lasciando il lavoro o gli studi per chiudersi in casa, generalmente davanti al pc, ordinando da casa tutto ciò che può essere utile senza voler praticamente mai uscire fuori.

Hikikomori – Google


L’associazione Hikikomori Italia stima che nel nostro paese ce ne siano circa 100.000, dato abbastanza allarmante.

Noi genitori di ragazzi che soffrono di ritiro sociale soffriamo tre volte: accusiamo il colpo come persone, come genitori, e nello specifico come genitori del nostro ragazzo affetto da ritiro sociale

Gabriella D’Urso – Hikikomori Italia

Gabriella è la mamma di Fred, ragazzo Hikikomori italiano. Anche lei aveva pensato di togliere al figlio il Pc, ma le è stato poi sconsigliato da alcuni esperi vicini all’associazione, e così ha deisistito.

Questa è l’unica finestra che loro hanno verso il mondo. All’inizio sembra una cosa strana, una contraddizione, ma è così.

Gabriella D’Urso

Gabriella è molto preoccupata per il rischio suicidio tra gli Hikokomori

e perciò invita poi ogni genitore che abbia il sentore che il proprio figlio possa essere un Hikikomori a contattare l’associazione, parlando di alcuni possibili “sintomi” tramite cui riconoscere il ritiro sociale patologico:

  • Abbandono scolastico o lavorativo, se si comincia ad evitare l’ambiente di lavoro o di studio per la troppa ansia sociale, fino a perdere definitivamente il proprio impiego o corso di studi
  • Inversione dei ritmi sonno-veglia, quando si comincia a dormire la mattina fino a giorno inoltrato, restando stanchi e intorpiditi fino alla notte. Durante la notte invece si è attivi, si vede qualcosa in streaming o si gioca al Pc (o qualsiasi attività ludica, generalmente solitaria o al più tramite contatti sociali in chat).
  • Restare chiusi nella camera, prediligere la propria stanza al resto della casa indica un forte intento di isolamento anche dal nucleo familiare.
Hikikomori – Google

Qualcosa in più sul ritiro sociale:

Ce ne parla il presidente di Hikikomori Italia genitori:

«Non esiste la diagnosi di hikikomori, con questa parola si intende una condizione, un desiderio di non frequentare gli altri. Pur non sapendo chi sia, riconosco questo ragazzo come tale, e vorrei mettermi in contatto con sua madre per aiutarla. Ci sono diversi gradi di gravità — spiega — a volte i ragazzi vanno a scuola (come il 19enne che si è lanciato), ma stanno in disparte per il resto del tempo. Il ragazzo hikikomori si rifugia in Internet perché dalle relazioni non ha riscontro positivo». 

Elena Carolei

Invita infine a non togliere il computer ai ragazzi, perchè si potrebbe rompere un delicato equlibrio di compensazione. Il computer serve all’Hikikomori per restare psicologicamente stabile, quindi conviene piuttosto indagare sulle cause dell suo ritiro sociale e sulla natura originaria della sua sofferenza.

 Tali scelte sono causate da fattori personali e sociali di varia natura. Tra questi la particolarità del contesto familiare in Giappone, dove il fenomeno è nato, è caratterizzato dalla mancanza di una figura paterna e da un’eccessiva protettività materna, e la grande pressione della società giapponese verso autorealizzazione e successo personale, cui l’individuo viene sottoposto fin dall’adolescenza. Il termine hikikomori si riferisce sia al fenomeno sociale in generale, sia a coloro che appartengono a questo gruppo sociale.

Nonostante non si tratti ancora il problema con le dovute misure, esiste un percorso terapeutico.

Il percorso terapeutico, che può durare da pochi mesi a diversi anni, consiste nel trattare la condizione come un disturbo mentale (con sedute di psicoterapia e assunzione di psicofarmaci) oppure come problema di socializzazione, stabilendo un contatto con i soggetti colpiti e cercando di migliorarne la capacità di interagire. Il fenomeno, già presente in Giappone dalla seconda metà degli anni ottanta, ha incominciato a diffondersi negli anni duemila anche negli Stati Uniti d’America e in Europa. In Italia ci sono attualmente centomila Hikikomori.

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