Josh Johnson, una favola senza lieto fine

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Di Redazione Metropolitan

Josh Johnson è un quarterback come tanti altri, uno di quelli che passano nella NFL senza lasciare tanti ricordi di sé. Senza infamia e senza lode, fu scelto al quinto giro del draft del 2008 da Tampa Bay, per poi peregrinare in ogni angolo degli States alla ricerca di un ingaggio. Sette anni senza giocare una partita; l’ultima gara ufficiale risale alla week 13 del 2011. Ma la dirigenza dei Washington Redskins, alle prese con gli infortuni dei qb Alex Smith (tibia e perone fratturati) e Colt McCoy (per lui, solo il perone fratturato), aveva l’acqua alla gola. Ne avevamo parlato nel precedente articolo Nuvole nere sui Redskins.

Una corsa contro il tempo

Josh Johnson si appresta ad uscire dagli spogliatoi (credits Usa Today)

Costretti in  fretta a furia a trovare qualcuno sul mercato per fare la riserva al terzo quarterback Mark Sanchez, il coach Jay Gruden si è ricordato di questo ragazzo di 32 anni. I due avevano già lavorato insieme in passato e quindi la scelta è stata ovvia. Sicuramente non si aspettava di essere chiamato, tant’è vero che, una settimana prima, aveva addirittura giocato una partita di basket per beneficenza, quasi fosse sulla strada del ritiro. Ed invece, nella disastrosa partita contro i New York Giants, Johnson subentra all’orrendo Sanchez e lascia una buona impressione.

La rinascita

E nella partita seguente, contro gli evanescenti Jacksonville Jaguars, gioca da titolare e conquista la sua prima vittoria nella NFL.

L’urlo di gioia di Josh Johnson, alla prima vittoria in carriera (credit Usa Today)

Una favola, un sogno tipicamente americano si profila all’orizzonte. La rivincita di un giocatore praticamente finito, chiamato all’impresa disperata, che guida la squadra alla conquista di un traguardo quasi impossibile e diventa l’eore di una città. Clint Eastwood potrebbe fare un film su una storia del genere. E la partita contro i Tennessee Titans sembra il giusto palcoscenico dove proiettare il lungometraggio che vede Josh Johnson come protagonista.

Josh Johnson placcato duramente dalla difesa dei Titans (credit Usa Today)

Il sogno americano

Il giocatore, pur senza strafare, gioca pulito, liscio, sicuro; una prima parte di gara con percentuali altissime di completi e i Redskins in vantaggio per 10-6. I Titans perdono pure il qb titolare, Marcus Mariota, e subentra Blaine Gabbert, per un anno compagno di squadra di Johnson a San Francisco. A 4 minuti e mezzo dalla fine, i Redskins sono sotto di tre punti con palla in mano. Johnson fa avanzare la squadra, tante corse ma anche pochi ed accurati lanci. Il tempo corre ma la linea di end zone dei Titans si avvicina. La favola si sta per avverare, il giocatore dato per morto sta per sfondare le porte del paradiso.

Josh Johnson sfugge alla pressione avversaria

La fine del sogno

Ma su un terzo e tre, la safety dei Titans, Kevin Byard, forse non ha letto il copione. Forse non sa che le favole vogliono sempre un lieto fine, che il sogno americano si deve avverare. Oppure fa semplicemente il suo. Ed intercetta senza pietà. I Titans mangiano tempo e consegnano ai Redskins la palla a tempo praticamente scaduto, quando si può solo tentare un Hail Mary, il passaggio più profondo che si può, dove il qb chiude gli occhi e spera nel miracolo. Johnson lo fa, ci crede come i tifosi di Washington. La favola vuole sempre un lieto fine, siamo vicini a Natale ed i sogni si devono avverare. Ma Malcom Butler, cornerback dei Titans, la pensa come Kevin Byard, intercetta e addirittura riporta in end zone. Finisce 25-16, con lo sguardo smarrito di Johnson che vaga nel nulla. Non c’è lieto fine, il sogno si frantuma. Clint Eastwood non farà nessun film. I Washington Redskins vedranno i playoff dal televisore di casa. E probabilmente, l’anno prossimo Josh Johnson riprenderà a vagare per gli States, giocando a basket per beneficenza.