La Fame – Progetto Goldstein / La Bilancia

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Di Redazione Metropolitan

All’interno della stagione teatrale firmata dalla coppia Teatro dell’Orologio e Teatro de’ Servi è andato in scena, per la sezione Fuoriclasse, lo spettacolo “La Fame” scritto e diretto da Massimiliano Aceti con Alessandro Cosentini, Francesco Aiello, Chiara Vinci, Massimiliano Aceti e Emilia Brandi.

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Dietro al sipario appare l’interno povero di un appartamento e, dopo una frenata, una luce fredda disegna i due protagonisti durante un viaggio BlaBlaCar in macchina. I due si sono appena conosciuti e si palesano, mediante un dialogo davvero ben scritto, le differenze culturali, sociali e alimentari. Uno è un ragazzotto calabrese figlio di gestori di un ristorante, l’altro è un teatrante sazio di cultura ma affamato di cibo.

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Questo incontro casuale si irrobustisce nell’appartamento del teatrante, infatti il ragazzotto calabrese ha adescato una ragazza tramite un’App per incontri e vuole concludere la serata post sushi a casa di lei con una sana nottata di sesso frenata, però, dall’inattesa patologia della ragazza e dalla scoperta che il coinquilino è il tipo del viaggio in macchina.

Il sushi viene vomitato così come le paranoie dei protagonisti. La ragazza è bulimica. Il ragazzotto è un mangiatutto sicuro di sé. Il teatrante è uno squattrinato senza i soldi neanche per un supplì. I tre si svelano, si studiano, si orientano ma non si liberano.
A parte c’è un quarto personaggio, si chiama Il Maschio e, oltre ad essere fissato con la palestra e le proteine, dialoga freneticamente con un pollo, si scoprirà più avanti essere il fidanzato della bulimica.

La locandina – dal web

I dialoghi sono frizzanti e il ritmo recitativo, soprattutto nei momenti comici, è elevato. Gli attori, molto ben affiatati, disegnano ognuno un personaggio ben definito. Troppo tirato, in alcuni momenti, è l’innesco drammatico, stona e distrae facendo perdere forza e verità alla costruzione drammaturgica.

L’enfasi di alcune scene d’appartamento anziché esaltare la forza della narrazione tende a comprimerla oltre che dilatarne i tempi. Seppur presenti molti cliché della gioventù contemporanea (il cellulare, il sushi, le canne, la chitarra, le chat ecc ecc) la storia si snoda in maniera esauriente, “sfama” il pubblico con i vari drammi dei protagonisti amalgamati fino alla risoluzione finale.

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Mammoni si potrebbero definire i personaggi, vinti dall’ingresso del deus ex machina: la mamma della ragazza anoressica (interpretata da Emilia Brandi) che “li nutre” con un insegnamento e con una sana e gustosa lasagna che sembra rasserenare gli animi ma, di contro, in realtà li spegne.

Emilia Brandi – ph. ©Nanni Spina

Insoddisfazione è il termine adatto che salta fuori dopo aver visto lo spettacolo. Le vite intrecciate e raccontate dall’autore palesano tutte i sintomi dell’insoddisfazione, traccia psicologica latente che abbraccia le nuove generazioni che, come i protagonisti, tendono a “stare fermi” e “sognare” piuttosto che agire. Patologie travestite da modus vivendi, la scelta arriva solo davanti ad un ultimatum come a voler sottolineare che altrimenti si resterebbe intrappolati nell’inedia.

La fame è uno spettacolo tessuto con una regia precisa e interpretazioni ben sostenute. Molto efficaci i momenti comici, colorati di gerghi e battute intessute bene nella struttura. Un plauso a Francesco Aiello che appare più slegato dalla recitazione strutturata e canonica, l’attore cosentino restituisce una forte verità disegnando un personaggio meglio definito e più concreto. Ottima interpretazione anche di Massimiliano Aceti che opta per una recitazione in levare, scelta giusta per rafforzare il risvolto grottesco del suo personaggio. In scena anche Alessandro Cosentini, Chiara Vinci e Emilia Brandi.

Da vedere. In scena fino al 7 novembre al Teatro De’ Servi di Roma.