L’Aminta di Latella, oltre Eros e Thanatos

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Di Redazione Metropolitan

La favola di Torquato Tasso portata in scena da Antonio Latella in versione minimalista: il trionfo del verso

Antonio Latella porta in scena Aminta di Torquato Tasso, spogliando la favola di ogni dolcezza. Tirsi scandisce con freddezza il racconto in endecasillabi e settenari  su un palco buio. Racconta  l’amore non corrisposto del pastore Aminta per Silvia,  la ninfa crudele che rimane in scena gran parte del primo tempo  girata di spalle. Un dramma che vive delle sole parole e della loro potenza espressiva. Gli attori non le interpretano. E’ la parola che li abita, possiede la narrazione e trascina, ipnotica, lo spettatore. La favola pastorale del Tasso, presentata alla corte estense nel 1573, conosce, grazie al regista che guida i quattro attori in un gioco di ruoli, la metamorfosi della sua rappresentazione dove l’amore assume una forma diversa in ciascun personaggio.

GIULIANA BIANCA VIGOGNA (DAFNE) E MATILDE VIGNA (SILVIA) – FOTO DAL WEB

Nessun ambiente cortigiano e nessun sospiro in questa Arcadia senza alberi e senza colori dove erompe il suono graffiante della chitarra elettrica.

I corpi immobili dei personaggi sfiorati dal lucore algido dei riflettori. Dafne e  Silvia. Tirsi e Aminta.  Pathos e Logos, orgoglio e pietà, violenza e candore. L’antagonismo si dovrà sciogliere nella consapevolezza di quanto sia insensato il rifiuto dell’amore,  perché tutto, nella natura che vive, da sempre, non esprime che questo. A intrigare lo spettatore però è soprattutto l’intensità dei versi che trionfano sulla vicenda che raccontano. Non importa che Silvia, scampata alla violenza del satiro grazie all’intervento del pastorello e sopravvissuta per miracolo all’aggressione dei lupi, alla fine si ricreda e ammetta di amarlo. Latella non ha scelto la fiaba ma i suoi versi, li ha isolati e rappresentati, scavalcando gli stessi personaggi, perché forse  la parola è ormai capace di vivere di vita propria, anche in teatro.

DA SINISTRA: MATILDE VIGNA, EMANUELE TURETTA (AMINTA) E GIULIANA BIANCA VIGOGNA – FOTO DAL WEB

Innovazione linguistica e reinterpretazione dell’opera classica, questi i due incipit da cui parte la visione di Latella in questo lavoro prodotto da stabilemobile e realizzato in collaborazione con AbitiAMO le Marche, il progetto promosso da MiBACConsorzio Marche Spettacolo e AMAT con il Comune di Macerata ed Esanatoglia, a sostegno della ricostruzione post terremoto.

Adattamento drammaturgico di Linda Dalisi.

In scena Michelangelo Dalisi, Emanuele TurettaMatilde Vigna Giuliana Bianca Vigogna.

Musiche di Franco Visioli.

di Anna Cavallo