Nazionale di italiana, quale futuro per il nostro calcio?

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Di Redazione Metropolitan

Da Calciopoli ad oggi, l’Italia del pallone e la sua nazionale sono state dilaniate da una crisi qualitativa senza precedenti. Fra squadre B ed altre riforme, tutte le cause e le possibili soluzioni per la rinascita.

Finiti i Mondiali di calcio 2018, è giunto il momento di voltare pagina e di tornare a pensare al calcio nostrano. Senza essere riuscita a strappare il pass per la Russia, la nostra Nazionale e la classe dirigente calcistica devono ora porsi un interrogativo sul da farsi per la rinascita del nostro sistema del pallone.

Una crisi che ha radici profonde

Ricordiamo tutti con affetto e nostalgia l’immagine di Fabio Cannavaro che solleva la Coppa del Mondo, poco più di 12 anni fa, in quel di Berlino. Era il 9 luglio del 2006 e, in un clima agro-dolce, le lacrime di gioia si sarebbero presto confuse con quelle di dolore, nel pieno divampare di Calciopoli. Il disfacimento del calcio italiano comincia probabilmente da lì. Una perdita d’appeal e di campioni, da allora in poi in fuga verso altri campionati, che ha allontanato per lungo tempo i riflettori dei media, italiani e stranieri, dalle attenzioni al nostro calcio.

L’Italia campione del Mondo in Germania 2006

Da lì in poi, il totale declino. L’eliminazione nella fase a gironi in Sudafrica 2010, il barlume di speranza con la finale del 2012 agli europei in Polonia ed Ucraina. E poi un nuovo mancato superamento della prima fase del torneo, questa volta in Brasile, nel 2014. Infine, la completa assenza dalle magnifiche 32 di Russia 2018. Galeotto fu il gol di Johansson nello spareggio con la Svezia di novembre. In quel doppio confronto, la nazionale guidata da Gianpiero Ventura si dimostrò totalmente incapace di mettere in difficoltà gli svedesi. Palla avanti, anche contro chi ci supera nettamente in statura, nella speranza che Immobile facesse qualcosa. Ma così non è stato. La mancata qualificazione è stata giusta e meritata, e ha finalmente portato all’attenzione della classe dirigente calcistica la necessità di una riforma radicale e sistematica del calcio italiano.

Le lacrime del capitano Gianluigi Buffon per la delusione portata a milioni di italiani (photo credits: calcioefinanza)

Il progetto di rinascita

Da lì il processo di ricrescita. Via Ventura; via anche chi l’ha scelto, anche se non sono mancate le opposizioni. Dentro un nuovo commissario tecnico. Prima Luigi Di Biagio, poi Roberto Mancini. Spesso criticato per il suo modo di giocare, ritenuto da molti approssimativo e semplicistico, e per aver vinto solo grazie a squadre ricche di talento, l’ex tecnico dell’Inter può invece essere l’uomo giusto per questa nuova fase della nazionale italiana. Perché il compito del ct non è solo quello di allenare. Di più. Egli è anche un selezionatore e una guida che in poco tempo deve riuscire a trovare la giusta quadra fra interpreti che poco si conoscono. Un gioco semplice ma efficace è quel che meglio si attaglia ad una selezione di giocatori. E Roberto Mancini sembra rispecchiare perfettamente l’identikit di chi può riuscire in questa impresa.

Secondo passo: fare totale tabula rasa. Pur facendo salvo qualcuno, Di Biagio e Mancini hanno tenuto fuori alcuni senatori, come De Rossi, per far spazio a giovani pieni di energie e motivazioni, capaci di dare nuova linfa vitale ad una nazionale ormai spenta. Riecco quindi il vituperato Mario Balotelli, ed ecco altre novità come Caldara, Cristante, Pellegrini e Chiesa a titolo esemplificativo e non esaustivo. Un giusto e dovuto esperimento.

Altre soluzioni

Ma una rinascita non può essere completa se non accompagnata da una riforma sistematica del modo di intendere il calcio in Italia. Il primo, decisivo, passo è stato già compiuto, con l’introduzione delle squadre B. Promosse già da tempo da alcuni addetti ai lavori, le squadre B rappresentano una fondamentale innovazione per la crescita di giovani talenti. Misurandosi con professionisti e semi-professionisti, anziché con altri ragazzi primavera, i futuri campioni in erba potranno cimentarsi un sfide che prima sembravano al di fuori della loro portata, con conseguente maturazione per palcoscenici più importanti. Infine, si necessita di attirare nuovi campioni ed evitare le fughe dei nostri verso lidi più remunerativi, ma difficilmente attenzionabili dal ct e meno competitivi, e dunque formanti per il calciatore. Un po’ come avvenuto con la recente acquisizione di Cristiano Ronaldo. Ma come ? Attraverso maggiore competitività e spettacolo del campionato. Anche qui, una prima mossa nello scacchiere è stata fatta, con la riforma Lotti, che redistribuisce i proventi dei diritti televisivi. Ma potrebbe non bastare, se non accompagnata, ad esempio, da una legge sugli stadi, ormai fatiscenti e risalenti ai mondiali del 1990. E poi riducendo il numero di partecipanti alla Serie A a 18 squadre, inserendo play-out per la zona retrocessione, valorizzando maggiormente la Coppa Italia e la Supercoppa italiana e attraverso una legge che imponga la visione di almeno una partita in chiaro.

Per una nuova Italia e per nuovi trionfi, si spera già dai prossimi europei itineranti e da Qatar 2022.

Riccardo Ciriaco