Nostalgia mia, portami via: summer edition!

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Di Redazione Metropolitan

Solo sei mesi fa, inforcato il cappello di Babbo Natale e i calzini con le dita, InfoNerd decideva di deliziarvi con due appuntamenti atti a riesumare tu-chiamale-se-vuoi-emozioni. La rubrica rispondeva allo scopo, tanto sadico quanto masochista, di portarvi a fare un tuffo carpiato nei ricordi. Adesso, in una pozza di sudore e reduci dalle prime insolazioni, l’intento rimane lo stesso e a cambiare sarà l’atmosfera. Pronti a fare un ripasso estivo delle mode nerd targate anni ’90?

Se penso alla mia versione marmocchia, quando il trend del momento mi suggeriva di indossare il berretto al contrario alla Ash Ketchum, non posso fare a meno di ricordare un’espressione facciale tipica. La mia. Quella che seguiva, puntuale come l’ascella pezzata sotto una camicia stirata di tutto punto, alle classiche esclamazioni sempreverdi proferite da qualsivoglia soggetto adulto.

“Ai miei tempi…”

Un esordio tanto invasivo quanto micidiale, l’incipit essenziale per legittimare il pippone che, con espressione sospirante e occhietto lucido annesso, di lì a poco sarebbe stato divulgato. Ne seguivano aneddoti, più o meno interessanti ma indubbiamente meno utili dello swiffer-cattura polvere, tesi a edulcorare scorci di vita infantile accompagnati dalla presenza di balocchi ormai obsoleti. 

Occhi al cielo, nelle pause in cui ero pressapoco convinta di non essere osservata, sorriso a metà tra il compassionevole e il rassegnato, ed elegia mentale estemporanea dedicata alla fortuna. Perchè? La buona sorte aveva voluto che nascessi in un periodo in cui le mie estati venivano lautamente bombardate con spot pubblicitari epici atti a sponsorizzare passatempi d’un certo spessore. Mai potevo pensare che oggi, con un piede sui 20 e l’altro sui 30 anni, avrei fatto mia quella frase d’esordio pre-discorso commemorativo. Ed eccomi qui, mento in alto e petto in fuori, pronta ad educare ‘sti giovani d’oggi su quanto si siano persi “ai miei tempi”. 

Le estati della mia fanciullezza me le ricordo bene. Quelle trascorse in Calafrica, poi, erano puntualmente accompagnate da quel senso di soffocamento che sosteneva qualsiasi tipologia di attività all’aperto. La causa era da identificare nel caldo. Quello spietato e inaudito, che ti appiattiva la frangetta sulla fronte e ti faceva fradice mutande e calzini tra un “corri, Forrest” ed un altro. Ed è proprio in balia della morsa di un’afa che rincoglioniva anche i più svegli che, mandato negli intervalli pubblicitari imperanti sulle reti Mediaset, veniva divulgato questo gioiello di sceneggiatura:

Eccolo lì, il giocattolo che emanava un’aura talmente potente da rendere alpha anche il compagno di banco quattr’occhi con una predilezione per i pantaloni ascellari. Il Super Liquidator. Lo spot non ha bisogno di essere parafrasato, è così esplicativo nel suo essere trash e solenne allo stesso tempo che ogni parola di troppo risulterebbe essere superflua come un suono di dissenso mentre si ascolta il risucchio della minestra del nonno. Il messaggio è evidente: con quell’arma tra le mani, puoi far capire chi comanda. Se, in più, inforchi un paio di occhiali da sole, guadagni +10 in carisma. 

Le sfide fino all’ultimo spruzzo, con tanto di agguati a sorpresa, furono una conseguenza diretta dell’uso di questa geniale trovata commerciale. Il Super Liquidator iniziò ad entrare di diritto nella maggior parte delle case. Di diverse modelli, colori e imitazioni. Una costante che li univa era la presa per il culo gravitante attorno al messaggio, falsissimo, secondo cui il tamarrissimo fucile di plastica in questione avrebbe avuto un getto d’acqua di venti metri. Della serie che solo l’idea ti faceva fare progetti ambiziosi importanti, su eventuali assalti a sorpresa a distanza, come colpire Gigi che abitava di fronte mentre si tagliava le unghie dei piedi. 

Eppure, nonostante il dettaglio irrisorio di una potenza limitata ad una fontanella da villa comunale (soprattutto nel caso delle imitazioni), la fantastica risorsa rispondeva comunque allo scopo per il quale era stata creata: affondare i compagni di giochi e allenare la predisposizione al non considerare qualsiasi richiesta di pietà avanzata. 

Ehm..sì, un tantino ambiguo, ma la crudeltà è evidente!

Il Super Liquidator che, oltre alle sopracitate qualità, aveva anche il bonus sfruttabile per gli allergici alla doccia post sudata, resta una delle icone più inflazionate della moda estiva anni ’90. Piccoli Terminator crescono. Indimenticabile.

Al prossimo appuntamento!

ALESSIA LIO