Piano di curve sonore: sintesi tra scultura ed empatia

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Di Redazione Metropolitan

E’ la “Piccola scuola delle arti” di Roma a farsi spazio evocativo per
un’intervista che, originatasi dalla curiosità verso un’inedita opera
collettiva, si propone di dialogare con coloro che l’hanno ideata:
Stefa, Federico Capitoni, Edoardo Maria Bellucci.

Siamo rapiti da un suono di cui non conosciamo la fonte, scombussolati lo seguiamo guidati da un richiamo che fino all’ultimo non svela l’oggetto della sua provenienza.

E’ in uno spazio del Macro Asilo di Roma che ci imbattiamo in “Piano di curve sonore”, dispositivo inedito che predispone lo spettatore ad un intimo accadimento.

Spaesante, perturbante, ipnotico, l’oggetto scultoreo ci attira e ci destabilizza attivando un processo in cui la prima necessità è l’abbattimento delle sovrastrutture: se la sua creazione ha origine da una convergenza di idee, questa fa capo a Stefa, Federico Capitoni ed Edoardo Maria Bellucci spinti dall’esigenza di andare oltre valicando il confine fra le arti per permettere ad esse di confluire, di dialogare.

Ci troviamo dinanzi ad una scultura imponente, la sua stessa via d’accesso ci sollecita, ci esorta ad interrogarci su qualcosa che crediamo di conoscere e che invece confonde le nostre coordinate.

 “Ceçi n’est pas un piano”, dove ci sembra di vedere una comune tastiera, scopriamo una tastiera muta che non emette suono ma manda un segnale: questo sarà tradotto da un algoritmo adattivo in vibrazioni suono che, prodotte in base alla frequenza delle corde dell’arpa, giungeranno ai microfoni a contatto. Saranno proprio questi che, collocati sul metallo armonico, provvederanno ad amplificarle attraverso le casse acustiche.

Se lo stimolo ha origine dal richiamo visivo, esso si articola e si espande nel momento esperienziale: nel mettere le mani sul dispositivo, ne premiamo i tasti, diamo avvio ad un dialogo con un’opera che diviene ora “organismo vivente” secondo un’idea ben precisa: quella che – sostengono i suoi ideatori- “questa scultura possa rispondere alla sollecitazione di chi vi si pone al cospetto attraverso e in maniera direttamente proporzionale la forma e ai materiali che la caratterizzano”.

E’ nei suoi materiali che l’oggetto acquista la sua specificità, materiali di recupero che convergono su una scultura bronzea, sottile membrana che funge da collegamento fra l’impatto dello stimolo e il sentire.

Il suono è incorporato, reso elettronicamente ed emesso nuovamente: non è infatti strumento musicale ma scultura sonora, non ci chiede d’esser suonata ma di risuonare insieme a lei manipolando una materia tattile. Da qui si origina l’innesto per uno scambio simultaneo in cui ogni stato emotivo trova la sua configurazione, per cui si riconosce al dispositivo uno statuto vitale, la presenza di una genetica che gli permette di rispondere.

“E’ necessario che l’opera metta in atto una percezione emotiva, che permetta all’intenzione contenuta nel nucleo della struttura di arrivare a produrre senso. All’abbattimento delle sovrastrutture, deve seguire l’apertura di un altro nucleo di pensiero attraverso il quale poter elaborare qualcosa di nuovo che senza di essa non avrebbe potuto esserci”; è nelle parole dei suoi ideatori che scopriamo nell’opera un senso ancora più profondo: è l’empatia, il “sentire dentro”, che ne rappresenta la fonte, un’empatia che presuppone l’apertura da parte dello spettatore, la sua predisposizione ad ascoltare e ad ascoltarsi, a rendersi innesto vivo per l’esplorazione di un se inedito e autentico.

Essa va al di là del contatto stesso, lo comprende e lo attraversa, diviene linfa prima dell’intero processo emozionale: traducendosi come “interno sentire” elegge la scultura a mezzo in grado di azionare un dialogo, un sincrono, una riscoperta.

Originatasi come luogo di confluenza, influenza e fusione fra musica e scultura, “Piano di curve sonore” è pronta a confrontarsi con stimoli sempre nuovi non solo attraverso la continua interazione con un pubblico partecipante ma anche nella volontà di confrontarsi con forme artistiche sempre nuove: la danza, la pittura, la letteratura.

Giorgia Leuratti