Putin sulla scia di Spielberg: presto un vero Jurassic Park?

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Di Redazione Metropolitan

Nel 1993 usciva nelle sale uno dei capolavori di Stephen Spielberg destinato a rimanere nell’immaginario collettivo per decenni a venire: “Jurassic Park”. Il film, basato sull’omonimo romanzo di Michael Crichton, parla del progetto del miliardario filantropo John Ammond che, assieme ad un team internazionale di genetisti riesce a riportare in vita i giganti dominatori del Giurassico, le “lucertole terribili” estinte alla fine del Cretaceo. E’ inutile che vi dica come finisce il film ma (spoiler alert) ci sono svariati morsi, parecchio sangue e porte di laboratori senza appropriate elettroserrature!

I temibili velociraptor danno la caccia ai giovani ospiti del parco.
Scena dal film Jurassic park (1993)
Putin e il Mammut estinto

Il sogno di riportare in vita animali estinti non comincia e certo non si esaurisce sul set di Hollywood che riproduce la misteriosa Isla Nublar (l’isola fittizia al largo del Costa Rica su cui si troverebbe il parco divertimenti/zoo/laboratorio di Ammond) e verso la fine dell’anno scorso non e` mancata la dichiarazione di Aisen Nikolaev, neopresidente (dal 2018) della Repubblica di Sakha (La Yakuzia, non la Kamchatka, giocatori di Risiko state tranquilli!) che annunciava il programma del governo di aprire, in Siberia, un parco a tema con i Mammut redivivi!

La notizia è stata salutata da diverse testate come una novità rivoluzionaria e allo stesso tempo come un incubo apocalittico che diventa realtà – tranne per il fatto che i Mammut erano mansueti erbivori e non feroci predatori e che comunque con la proboscide e` decisamente più facile aprire le porte!

Stiamo quindi parlando di una Notizia, di una Bufala o di una Non Notizia?

Difficile a dirsi, anche se non dovrebbero sorprendere le dichiarazioni propagandistiche di un certo tipo di politici (“sei milioni di nuovi posti di lavoro.”, “Il Messico pagherà per il muro!”, “Abbiamo abolito la povertà.” eccetera).

La propaganda ci interessa poco, se posso essere sincero: quello che ci interessa di più è capire se è davvero possibile riportare in vita specie estinte.

Una storia trita e ritrita

Riportare in vita creature scomparse è uno dei sogni dell’uomo dall’avvento dell’epoca della genetica e di certo questa non sarebbe la prima volta che qualcuno sogna di voler riportare in vita il Mammut.

Sono decenni che si parla della possibilità di riportare in vita specie scomparse o di aumentare il numero di quelle in via d’estinzione; il “Frozen Zoo” di San Diego, il cui scopo è quello di collezionare e conservare DNA e cellule staminali da più di 10,000 specie in via d’estinzione, esiste dagli anni ‘70.

A volte ritornano

Quella della de-estinzione del Mammut poi non è un’idea così originale; questa compare la prima volta in un articolo di Diana ben-Aaron, pubblicato sul prestigioso Technology Review (edito dal MIT di Boston!) nell’Aprile del 1984. L’articolo intitolato “Retrobreeding the Woolly Mammoth” (Reincrociare il Mammut Lanoso) annunciava al mondo che l’animale estinto quasi cinquantamila anni fa era stato riportato in vita da una coppia di scienziati, il veterinario sovietico Dr. Sverbighooze Nikhiphorovich Yasmilov e lo scienziato statunitense Dr. James Creak, fecondando un ovulo di mammut con uno spermatozoo di elefante asiatico.

La storia del mammelefante fece il giro del mondo e divenne così famosa che fu necessaria una lettera del direttore del giornale per spiegare che si trattava di un pesce d’aprile (ai più avvezzi alla lingua inglese non sarà sfuggito che il nome di uno degli scienziati contiene le parole “big hooze” ovvero “pesanti postumi da sbornia”).

Le dichiarazioni di nuovi programmi per la “resurrezione” del mammut intanto non si fermano tanto che nel 2015 anche lo scienziato statunitense Dr. George Church, celebre per essere uno dei pionieri del genome editing, parlò di un progetto volto a riportare in vita il grosso mammifero con l’aiuto dell’ingegneria genetica.

Perché proprio il mammut?

A questo punto molti di voi si staranno chiedendo: “perché proprio il mammut? Se proprio vogliamo riportare in vita un animale scomparso perché non il T-Rex che è indiscutibilmente più  fico di un elefante ipertricotico?”

Molto semplicemente perché abbiamo più campioni di DNA di mammut che di T-Rex! Il mammut si è estinto relativamente di recente (sembra che ad estinguerlo siamo stati proprio noi, ops!) e dal momento che viveva in climi relativamente freddi molti resti di questo animale si sono conservati sotto il permafrost. I primi due campioni di DNA di mammut furono estratti dai resti mummificati nel 1994 e successivamente altri sono stati trovati aggiungendo sempre maggiore informazione ai resti frammentari di DNA. Il più completo che sia mai stato scoperto viene proprio dalle steppe siberiane, una mummia pressoché intatta, rinominata Yuka, scoperta nel 2011 dal paleontologo Dr. Semyon Grigoriev.

I resti del mammut Yuka ritrovato sepolto nel permafrost siberiano. Fonte Wikimedia
Riportare in vita? Davvero?

E qui arriviamo al punto dolente di tutta la questione. Finora abbiamo fantasticato di mammut che scorrazzano felici in un parco a tema della Siberia per divertire grandi e piccini ma la verità è che nessuno può riportare in vita i mammut (o un qualsiasi animale estinto).

Direte voi, in tanti dicevano che non si poteva andare sulla luna e noi ci siamo andati lo stesso; beh sì, ma, per dirla con le parole del Dr. Matt Blaze “il fatto che siamo riusciti a mettere un uomo sulla superficie della luna non significa che un giorno riusciremo a metterne uno sulla superficie del sole!”.

Non si possono riportare in vita i mammut perché… beh, perché sono estinti, morti e le cose morte sono andate. Per sempre.

Ma quindi questi scienziati ci prendono in giro?

Ritorniamo indietro al 2015 e al Dr. Church con il suo piano di riportare in vita il mammut con le CRISPR; il progetto più che di riportare in vita si prefigge di “ricreare” il mammut modificando il genoma dell’elefante asiatico (gli elefanti e i mammut sono parenti molto prossimi) ma modificare un elefante per farlo sembrare un mammut è un po’ diverso da “riportare in vita”, come mettere dei denti posticci al mio gatto è diverso da riportare in vita la tigre dai denti a sciabola!

Ci sono tuttavia tre possibili alternative realistiche per “recuperare” il mammut:

1) L’approccio dell’ibrido, ovvero di usare un gamete di mammut ed uno di elefante per ottenere un ibrido simile ad un mammut;

2) L’approccio della chimera, cioè sostituire il nucleo di un embrione di elefante con quello di una cellula di mammut (simile alla clonazione ma con il citoplasma “donato” da una specie diversa);

3) L’approccio del genome editing, ovvero usare le CRISPR per modificare una serie di geni in embrioni di elefante per renderli simili a quelli del mammut.

Tutto invano?

In ogni caso il mammut non tornerà, si è estinto per sempre come il T-rex, i velociraptor e il dodo e quello che la nostra tecnologia ci consente di ottenere è soltanto un’imitazione.

Questo però non è uno sterile esercizio e capire come clonare o modificare animali e piante è un test ingegneristico di grande valore che potrebbe un giorno non così lontano essere applicato alla salvaguardia degli ecosistemi dell’impatto dei cambiamenti climatici o persino permettere di “creare” in laboratorio specie viventi adatte alla colonizzazione di altri mondi. Un progetto, quest’ultimo, che non vedremo mai perché con tutta probabilità saremo a fare compagnia ai mammut, ovunque essi siano andati.

Bibliografia

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Boeskorov, G. G., Potapova, O. R., Mashchenko, E. N., Protopopov, A. V., Kuznetsova, T. V., Agenbroad, L., & Tikhonov, A. N. (2014). Preliminary analyses of the frozen mummies of mammoth (Mammuthus primigenius), bison (Bison priscus) and horse (Equus sp.) from the Yana‐Indigirka Lowland, Yakutia, Russia. Integrative zoology, 9(4), 471-480.

Shapiro, B. (2015). Mammoth 2.0: will genome engineering resurrect extinct species?. Genome biology, 16(1), 228