Quando Anaïs Nin si inginocchiava all’amore per Henry Miller

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Di Rossella Papa

“Ti amo. Sono insaziabile. Ti chiederò di fare l’impossibile. Che cosa sia, non lo so. Probabilmente tu me lo dirai.”

Una poesia che inganna e incanta: il peccato e la natura. Il peccato è la natura. E’, forse, questa la copertina d’una storia di passione e di segreti, tra due degli scrittori più rivoluzionari del Novecento, quella che per anni si è nascosta nelle pieghe dei versi, negli spettri dei tradimenti. Ma ogni notte che Anaïs NinHenry Miller si amavano: nasceva una poesia.

Si dice che a Parigi accada sempre qualcosa di magico, sarà stato così anche per i due scrittori statunitensi quando, nel 1931, si conobbero tra quelle vie.  Anaïs Nin era così giovane e così bella (e anche così sposata); Henry Miller non aveva ventotto anni come lei, ma quaranta. Sposato, però, anche lui. Mentre Henry si tormentava tra le pagine del suo Tropico del Cancro, che gli costerà la fatica della critica, Anais perfezionava quel suo diario, che la renderà una delle scrittrici più particolari del secolo. 

Di lui il sangue tedesco, l’esibizionismo e la ribellione, di lei il fomento erotico, l’eleganza sfacciata, la perversione. E in mezzo l’amore. 

Sottile percepire come dal narcisismo delle loro singole personalità abbiano scelto, invece, il segreto e il silenzio d’una storia al limite del pensabile. Un sodalizio eclissato da novecento pagine scritte a macchina, da un rapporto epistolare che fu bravo, anche più di loro, a rendere lecito l’amore solo perché nascosto nella scrittura. 

Un movente sublime per due scrittori: scriversi per amarsi. Scrivere per nascondersi. E fu semplice, allora, infilare nei loro matrimoni il peccato e l’arte: il peccato dell’arte

Vent’anni di lettere che mettono a nudo, oltre ogni pudore, un rapporto sentimentale che si rivela ben più carnale e terreno di quanto ci si potesse immaginare

Una storia d’amore consumato, di tensione animale: un fuoco che non solo bruciava, ma che incendiava ogni sintomo di razionalità e pudore. Una passione che diveniva reale solo nella ricerca dell’impossibile. 

Anais Nin e Henry Miller

 

E’ una ricerca erotica del senso dell’arte: mai il buio, sempre l’oblio. E quello spingersi al limite, l’accusa alla fedeltà per rispetto della natura. Quella di Anaïs Nin e Henry Miller non fu una storia d’amore, fu l’incarnazione delle loro parole: e le gambe di Anais lunghi capoversi dove Henry poteva affogare l’inganno della vita. Le bocche sale d’attesa, gli orgasmi solo l’eco dei loro versi. 

E in quel tracotante sogno erotico svelare i recessi dell’anima, il senso ineffabile del loro inchiostro. 

“Tu mi hai travolto e mi hai viziato. Continuo a chiederti cose sempre più difficili. Mi aspetto che tu compia miracoli. Non sai quanto mi mancano le notti che abbiamo trascorso assieme e quanto hanno significato per me. Altre volte sei solo un fantasma, uno spettro. Vieni e mi fai ammalare di desiderio, brama di possederti, di averti sempre vicina, a parlarmi con naturalezza, a muoverti come se tu fossi una parte di me.” Henry Miller

Henry Miller e Anais Nin

Solo nel 1987, dopo la morte di entrambi, si scoprì l’altare del loro mistero che, per tutto il legame rimase all’ombra: 250 lettere selezionate che svelavano più di vent’anni (dal1932 al 1953) di eros e poesia. In Italia la raccolta uscirà con il titolo “Anais Nin e Henry Miller, Storia di una passione“, edita Bompiani. 

 Anaïs Nin amava talmente tanto l’eros che legava i poli della sua vita con quella di Miller, che finì per amare anche sua moglie June, che scoprì nel fascino della sua bocca la stessa del suo amante. 

Al di là del limite c’è un campo di grano dove  Anaïs Nin e Henry Miller consumavano una per una le loro lettere su gocce di rugiada e saliva. 

Tra  Anaïs Nin e Henry Miller non si seppe mai se fu più suggestione o amore, tra le gelosie e gli inganni, la guerra e la marea. Quando lei scriveva a Miller di quanto fosse grande la sua New York quei giorni, lui si scioglieva nelle paure: ” A volte mi dico che forse non è stato giusto, da parte mia, mettere il mio scrivere al di sopra di tutto il resto. Sono un uomo e voglio la mia donna. E se la scrittura interferisce, al diavolo la scrittura”.

Bastò una vita per nascondersi, e perché mai scegliersi? La loro poesia, forse, era vera solo al buio. E mai la paura, mai la colpa bastò per dimenticarsi. Questa storia poteva esistere solo nella differenza tra il lecito e l’osceno, tra il possibile e il mistico, tra la scelta e la ricerca. E non altrimenti può viversi la poesia, se non nella rincorsa estenuante di qualcosa che non esisterà.

E allora diciamo che questa storia non esiste, che questa non è una storia di tradimento, non è una storia di amanti, e che tutto questo non è neppure poesia, non è neppure reale. Ma come rinnegare l’eros, in mezzo all’amore? 

L’inganno rese complici, l’eros rese lecito persino il peccato. Ma, forse, l’unico peccato sarebbe stato rinunciarvi. 

Rossella Papa