Riforma Copyright: la fine di internet?

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Di Redazione Metropolitan

La notizia del giorno è senz’altro l’approvazione della riforma sul copyright votata oggi al Parlamento Europeo.

In particolare, della riforma sul copyright sono stati approvati gli articoli 11 e 13 della riforma, i più caldi e criticati.
Ma perché? Cosa dicono in parole povere questi articoli da far temere il peggio per l’internet?

Articolo 11

Ossia, Link Tax. Una tassa volta a modificare il rapporto che diverse piattaforme online come Google, ma anche Facebook e altre, hanno con gli editori.
Editori che da tempo lamentano uno sfruttamento dei loro contenuti, da parte di motori di ricerca e social network, per la pubblicazione di contenuti (titoli, anteprime e immagini) senza alcuna remunerazione.

D’altro canto, una certa parte del loro traffico passa indubbiamente attraverso questi contenuti di anteprima e chiaramente queste piattaforme ritengono di fare già ampiamente gli interessi degli editori.

La direttiva quindi prevede che ogni stato membro dell’UE si assicuri che vengano versati agli editori compensi “consoni ed equi” per l’uso dei loro materiali da parte dei “fornitori di servizi nella società dell’informazione”.
Sono esclusi dall’emendamento gli utilizzi privati dei link o per fine non commerciale come Wikipedia e GitHub.

Per quanto riguarda l’articolo 11, c’è da considerare un grosso precedente avuto luogo in Spagna sul finire del 2014, quando su Google News è apparsa questa dicitura: “Siamo dispiaciuti di doverti informare che Google News ha chiuso in Spagna e che, in seguito ai recenti cambi nella legislazione spagnola, le pubblicazioni degli editori spagnoli non compaiono piu’ in ‘Google noticias'”.

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Articolo 13

Ovvero, Upload Filter. Questo articolo prevede che le piattaforme si muniscano di un sistema di controllo dei contenuti caricati dagli utenti, valutando dapprima la presenza di materiale soggetto a copyright ed, eventualmente, verificare la licenza dell’utente e bloccare il caricamento qualora non sia riscontrata.

Sostanzialmente, ci si rifà al “Content ID” già implementato su YouTube. Nonostante sia il miglior sistema in circolazione, costato svariati milioni di dollari, già su tale piattaforma non riscontra il 100% dei successi, portando talvolta a censure immotivate (come messo in evidenza da Alec Muffett).
Ci si chiede di fatto come potrà essere possibile applicare sistemi del genere in una scala ancora maggiore.

Ma soprattutto, che ne sarà della libertà di espressione degli utenti del web? Come saranno gestite tutte quelle varie rielaborazioni (parodie, citazioni, meme etc.) che rendono internet il posto libero che conosciamo oggi?

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La votazione

A nulla sembrerebbe valsa la bocciatura del testo nella votazione che ha avuto luogo lo scorso luglio.
Questa volta la riforma sul copyright è stata approvata da 438 voti a favore e 226 contro (e 39 astensioni).
In particolare, l’articolo 11 è stato approvato con 393 voti a favore e 279 voti contrari, mentre l’articolo 13 con 366 voti a favore e 297 contrari.

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Commenti illustri

Chiaramente non sono tardati commenti a favore e critiche a questa notizia.

“Quella di oggi è una vittoria per la libertà, come espressione di un libero dibattito democratico e della creatività della persona” ha commentato il presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE) Ricardo Franco Levi.

“Supportando nuovi limiti tecnici e legali su ciò che possiamo pubblicare e condividere online, il Parlamento Europeo ha dato priorità ai profitti delle grandi aziende rispetto alla libertà di parola e si è allontanato dagli storici principi che hanno reso internet ciò che è oggi” ha dichiarato Julia Reda, europarlamentare dell’European Pirate Party (PPEU).

Non sono mancate critiche anche da esponenti del M5S: “pagina nera per la democrazia e la libertà dei cittadini […] il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva”.

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Cosa succederà ora?

La riforma europea sul copyright passerà ora al Trilogo (un incontro a porte chiuse tra membri del Parlamento e del Consiglio europeo).
In seguito verrà nuovamente discussa al Parlamento Europeo. Se nuovamente approvata, arriverà ai singoli stati membri e sarà legge.

In tal caso, a rischio ci sono tante cose. Non solo il patrimonio delle società come Google, ma l’informazione stessa. E la libertà che contraddistingue Internet come ambiente creativo.
Inoltre, chi potrebbe pagare il prezzo maggiore saranno siti, app e startup nel campo delle news.

Fondamentale sarà l’aspetto politico (come sottolineato da Innocenzo Genna, esperto di regolamentazione UE)
In primavera ci saranno le elezioni europee, motivo per cui chi fosse a favore della riforma sul copyright ha spinto per velocizzarne l’approvazione. Ma il fine mandato si avvicina e sicuramente condizionerà le posizioni dei parlamentari europei in vista della campagna elettorale.
Scienziati, accademici, personaggi illustri e non solo rappresentano una buona porzione di elettorato che si è espresso contro la riforma. E di certo qualsiasi governo o politico ne terrà conto.

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I vostri commenti

Ora che ne sapete di più, volete esprimerci il vostro parere? Fatelo nel post dedicato nelle pagine di Metropolitan Magazine Italia & Cultura Nerd.

Altre Fonti:

  • LaRepubblica.it
  • IlPost.it
  • IlFattoQuotidiano.it