Riverdale e l’indecifrabile fascino del nonsense

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Di Redazione Metropolitan

Riverdale è ormai nel pieno della sua terza, assurda stagione, e io non posso più tacere. Ho bisogno di una spiegazione a tutto questo, anche se sono piuttosto sicura che alla fine non la troverò mai.

Per chi ancora non ne fosse a conoscenza, Riverdale è una serie tv andata in onda per la prima volta nel 2017, adattata da Roberto Aguirre-Sacasa e co-prodotta da Greg Berlanti.

Vanto di casa CW, network che negli anni ci ha regalato perle trash come The Vampire Diaries, Gossip Girl e soprattutto Pretty Little Liars, questo telefilm nasce ispirandosi molto alla lontana alle avventure degli Archie Comics.

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Il cast di Riverdale dopo aver letto l’ultimo copione (foto dal web)

Archie Andrews, Betty Cooper, Veronica Lodge, Jughead Jonse e compagnia bella, nella misteriosa cornice della piccola cittadina di Riverdale, sono il nucleo principale della serie.

E questo è tutto ciò che si può dare per certo.

Dopo di questo, trovare un senso a tutto ciò che accade diventa una missione suicida, dalla quale difficilmente ne uscirai incolume.

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Tutti sono alla ricerca di un senso in questa serie (foto dal web)

Tra l’altro, se vogliamo essere onesti, all’inizio era partita quasi come una serie normale: un comune teen drama, con qualche tassello che faceva alzare un po’ il sopracciglio, ma con un mistero plausibile, in grado di reggere più o meno bene la trama.

Dopodiché gli autori, alla prima riunione per la seconda stagione, si sono seduti intorno ad un tavolo e si sono detti : “Bene… Ora che tutti credono di avere a che fare con una serie (quasi) coerente, possiamo finalmente scatenare l’inferno”.

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(foto dal web)

E da lì, credo che ognuno di loro si sia dato alla pazza gioia, infilando nel calderone tutto ciò di cui abbia mai sognato scrivere, e creando uno dei più grandi concentrati di nonsense della storia della televisione moderna.

Siete appassionati di mafia? Riverdale ce l’ha.

Imperi della droga e lotte tra bande di motociclisti? Riverdale ha anche quello.

E nel frattempo perché non mettere in mezzo un serial killer purificatore, ragazzini con personalità multiple, manicomi da incubo, carceri giovanili che si rivelano peggio di Alcatraz, fight club clandestini, evasioni mozzafiato, cheerleader che diventano Robin Hood, racket di prostituzione, e liceali che sfidano la criminalità organizzata.

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Mannaggia i matti (foto dal web)

E che alla fine vincono pure.

Tanto che ce ne facciamo della logica, quando possiamo sfoderare dieci minuti di Archie senza maglietta, che con i suoi addominali resetta la memoria di tutte le ragazzine attaccate allo schermo?

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Archie Andrews e la sua utilità (foto dal web)

E infine non possiamo lasciare da parte le vere chicche di questa ultima stagione: giochi di ruolo malefici, capaci di spingere le persone al suicidio, e sette pronte a farti il lavaggio del cervello che si nascondono dietro comunità agricole.

Figure soprannaturali che non si sa bene cosa vogliano, e mire di egemonia su di una città insignificante, portate avanti da un piccolo uomo con manie di grandezza, giustificate da motivazioni che persino un Teletubbie malvagio troverebbe insulse.

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Si, ci sta anche questo (foto dal web)

Tutto in un’unica, insensata serie. Mancano solo gli alieni e i viaggi nel tempo, e poi possiamo dire di averci messo veramente un po’ di tutto.

Ma la verità è che oggi vorrei comunque spezzare una lancia in favore di Riverdale.

Tralasciando inevitabilmente i vari tasselli della trama, che non riuscirebbero ad amalgamarsi con un senso nemmeno se fossero inchiodati tra loro, Riverdale conserva comunque un grande punto di forza: la scrittura.

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Robin Hood o Red Arrow? (foto dal web)

Non intesa ovviamente come abilità nel creare una trama avvincente, che abbia una coerenza e che si sviluppi in modo intelligente. Quell’aspetto è andato a farsi benedire tanto tempo fa.

Ma scrittura intesa come struttura di una puntata e capacità di tenere lo spettatore incollato allo schermo nonostante tutto.

Perché in fondo il segreto è questo: non importa quante volte nel corso della puntata ti ritrovi a dire “ma che baguette sto vedendo?”. Se non puoi fare comunque a meno di arrivare alla fine e sentire quello strano senso di soddisfazione, nonostante il magistrale sfoggio di insensato trash al quale hai appena assistito, allora significa che in qualche modo il lavoro è stato fatto bene.

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Non ha tutti i torti (foto dal web)

Certo bisogna prenderlo per quello che è, un grandissimo cumulo di assurde storyline maldestramente appiccicate tra loro, e non certo aspettarsi di vedere Black Mirror o Game Of Thrones, ma alla fine anche questo è divertente.

Se tutte le serie tv fossero capolavori come The Handmaid’s Tale (qui la nostra ultima recensione) , il mondo sarebbe decisamente troppo serio.

E allora lode a Riverdale, che nonostante continui a propinarci risvolti di trama talmente stupidi da farti dubitare della tua stessa intelligenza, dato che comunque continui a vederlo, li infiocchetta in modo talmente magistrale (e non chiedetemi come faccia, perché io ancora non l’ho capito) che tu non puoi fare a meno di tornare per la puntata successiva.

Anche solo per farti qualche risata.

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Siamo tutti spaventati di vedere la prossima puntata (foto dal web)

Condannatemi pure, ma finché riderò di fronte ad una paradossale evasione di un liceale in stile Alcatraz, raccontata sotto forma di una quest di Dungeons And Dragons, che nonostante la mia faccia allibita mi tiene comunque davanti allo schermo fino alla fine, io non posso che complimentarmi.

Perciò amanti del trash unitevi, e se ancora non siete incappati in questa perla senza il minimo senso, è arrivato il momento di dare a Riverdale una chance.

Proverete anche voi la confusionaria delizia di continuare a vedere una serie tv, chiedendovi costantemente il perché.

Antea Ruggero

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