Roma: lupi avvistati vicino al centro

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Di Redazione Metropolitan

Sono sempre più frequenti gli avvistamenti di lupi in zone limitrofe alla città di Roma. A lanciare l’allarme è il presidente di Confagricoltura Roma, Vincenzo Rota. I precedenti avvistamenti e la storia della specie.

Non bastavano i cinghiali, gli abitanti delle località alle porte di Roma devono fronteggiare anche il problema dei lupi.

Sono sempre più frequenti, infatti, gli avvistamenti in zone come il Parco dell’Appia Antica, i Castelli Romani, Maccarese, la Riserva naturale di Decima-Malafede.

A farne le spese sono le aziende agricole e le strutture di allevamento, il tutto a pochi chilometri dal centro cittadino.

L’allarme lanciato da Vincenzo Rota, presidente di Confagricoltura Roma

A lanciare l’allarme è Vincenzo Rota, presidente di Confagricoltura Roma, il quale ha dichiarato di ricevere sempre più segnalazioni circa l’avvistamento dei lupi:

“La lupa è il simbolo di Roma ma, da un po’ di tempo, non fa dormire sonni tranquilli agli agricoltori dell’agro romano. Lupi sono stati avvistati al Parco di Appio Antica, a Maccarese, alla Riserva di Decima Malafede, in Bassa Maremma, ma anche ai Castelli Romani, e spesso hanno causato danni alle aziende agricole. Addirittura si sono registrati avvistamenti e predazioni a danno degli allevamenti, in linea d’aria, a pochi chilometri dal centro di Roma. […] La situazione è insostenibile. Se si è giunti a questo punto è dovuto anche al fatto che il fenomeno è più esteso e, per certi versi, più drammatico; i danni alle aziende agricole vengono provocati anche e soprattutto da ibridi cane/lupo o lupo/cane e randagi. […] La popolazione di lupi va attentamente monitorata e ricondotta nei suoi habitat naturali, ma va affrontato e combattuto anche il fenomeno di ibridi e randagi. C’è una condizione di pericolo per gli animali allevati, ma pure per l’uomo, che è stata sottovalutata e richiede rinnovata attenzione politica e interventi incisivi”.

Le parole del presidente nazionale di Confagricoltura

Le parole di Rota sono rafforzate dalle dichiarazioni del presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti:

“Gli allevatori sono molto preoccupati, anche perché gli Enti parco, che dipendono dalla Regione, non hanno abbastanza fondi per coprire i danni da fauna selvatica. Senza contare che in caso di meticci o randagi tali danni non vengono risarciti. Segnaliamo da tempo e invano la presenza dei lupi, molto rischiosi anche per le persone. […] L’ultimo caso è avvenuto lunedì a Ottavia, a dieci chilometri in linea d’aria dal Campidoglio, in un’azienda che è nel contesto urbano, attaccata al Raccordo, con due pecore sbranate. Non sono più accettabili le incertezze e le difformità normative che hanno caratterizzato l’operato dell’amministrazione nazionale e di quelle regionali, nonché degli enti gestori dei parchi”.

Roma, i precedenti

L’avvistamento di lupi in zone limitrofe alla capitale non è un fenomeno recente: le prime segnalazioni si sono avute nel 2013, quando i cittadini dichiararono di aver avvistato gli animali nelle aree naturali fra Castel di Guido e Maccarese.

In quell’occasione i membri responsabili dell’Oasi Lipu di Castel di Guido e della Riserva Naturale Litorale Romano posizionarono delle fototrappole, inizialmente per monitorare l’attività dei cinghiali, che provarono la presenza dei lupi nella zona.

Il primo avvistamento fu di un esemplare maschio, che fu chiamato Romolo in onore di uno dei due fratelli che furono salvati ed allattati dalla Lupa Capitolina, e poco tempo dopo furono avvistati altri due esemplati, un maschio ed una femmina, soprannominati Numa e Aurelia.

Da allora si sono registrati numerosi altri avvistamenti di lupi nelle zone delle campagne romane.

Avvistamento di un branco di lupi nel parco regionale di Veio – Credit: Parco di Veio

Il canis lupus italicus

Gli esemplari avvistati sono lupi grigi appenninici (Canis lupus italicus), una sottospecie del lupo grigio (Canis lupus) che vive nelle zone montuose delle Alpi Occidentali e degli Appennini.

Nel 2017, uno studio pubblicato sulla rivista Plos One ha dimostrato che il Canis lupus italicus è da considerarsi come una sottospecie distinta di Canis lupus, così come aveva proposto il naturalista italiano Giuseppe Carlo Emilio Altobello nel 1921.

Il canis lupus italicus si distingue geneticamente da tutti gli altri esemplari di lupo d’Europa sia a livello di cromosomi autosomici, cromosomi che non hanno caratteristiche sessuali, che a livello mitocondriale, il DNA ereditato per via materna.

La specie ha iniziato a differenziarsi dai suoi simili europei dalla fine dell’ultima glaciazione, quando le popolazioni di lupo allora esistenti si spinsero verso sud a causa dell’espansione dei ghiacciai.

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Un esemplare di Canis lupus italicus – Photo Credit: http://wafi.iit.cnr.it

Il rapporto conflittuale tra uomo e lupo

A seguito di una massiccia caccia al lupo per mano dell’uomo, negli anni ’70 la popolazione si era ridotta a 70-100 esemplari.

Classificato come specie vulnerabile secondo la classificazione IUCN, e considerato, quindi, come a rischio di estinzione in natura, la popolazione, negli ultimi decenni, ha visto un incremento degli esemplari.

In un sondaggio del 2016 ad opera dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, emerge che le unità sono arrivate ad una cifra compresa tra le 1.269 e le 1.800, ma non mancano statistiche che indicano un numero superiore alle 2.000 unità.

Il rapporto tra l’uomo ed il lupo è sempre stato conflittuale, in particolare a causa dell’alto numero di capi di bestiame d’allevamento cacciati dai canidi, e l’espansione della popolazione ha portato con sé una nuova ondata di bracconaggio, con armi da fuoco e bocconi avvelenati.

Per favorire la conservazione della specie, il WWF ha da tempo lanciato la campagna SOS lupo che si prefigge di proteggere l’animale non solo dal bracconaggio illegale, ma anche dagli abbattimenti legali.

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Lupo con laccio da bracconiere al collo – Photo Credit: G. Sardella/Associazione “Io non ho paura del lupo”

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