I Sogni, l’Amore e il Teatro sulla Luna

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Si chiama “Walking on the Moon”, è il nuovo spettacolo della Compagnia del Teatro dell’Orologio e porta il pubblico letteralmente sulla Luna: cronaca di una prima da tutto esaurito con sorpresa finale.

Ascolto un live dei Pink Floyd (uno a caso) e riordino le idee per trasmettervi al meglio le grandi emozioni provate ieri sera alla prima di “Walking on the Moon”. Mentre scrivo arriva la notizia dell’ennesimo sgombero dell’Angelo Mai e la Compagnia del Teatro dell’Orologio sa bene cosa significa non avere uno spazio dove far crescere le proprie idee: la chiusura del Teatro dell’Orologio è stata in realtà una benedizione per loro, ricordo con immenso piacere Shakespeare sulla linea C, perché le idee, quelle buone, sono destinate ad espandersi e a conquistare tutto, anche la Luna.

Anna Favella e Matteo Cirillo in una foto promozionale dello spettacolo (Ph Credit: Compagnia dell’Orologio)

La novità che fa la differenza, questa volta è l’inserimento della tecnologia nella drammaturgia fisica: tramite un visore, lo spettatore prova in prima persona, l’esperienza in realtà aumentata di una passeggiata sulla luna. Un gioco, una sperimentazione, un diamante che ben si incastona alla trama dello spettacolo. Una favola moderna in cui si intrecciano le storie di Elia, un giovane startupper timido e impreparato al mondo; Alice, una studentessa appassionata di poemi cavallereschi; e Michael Collins, astronauta della mitica missione Apollo 11. A quasi cinquant’anni dall’allunaggio, l’astronauta Collins è costretto a rivivere la frustrazione della missione che lo vedeva protagonista ma in ombra: mentre Armstrong ed Aldrin passavano alla storia per essere stati i primi due uomini a calpestare la superficie lunare, Collins, in attesa del loro rientro, orbitò per 3 ore intorno alla luna e per mezz’ora perse ogni contatto radio con la terra. Fu l’uomo più solo dell’universo. Alla solitudine si aggiungeva il dramma esistenziale di essere arrivato vicino alla realizzazione del proprio sogno ma, per il compito a cui era chiamato, impossibilitato a realizzarlo.

Susanna Laurenti in un momento dello spettacolo (Ph Credit: Luisa Fabriziani)

“La Luna era una cosa affascinante, romantica e misteriosa che se ne stava lassù in cielo, irraggiungibile, nonostante i tuoi desideri e i tuoi sogni. Ma tu hai ragione: una volta raggiunta è solo una squallida palla di roccia.” diceva Fry di Futurama ed è proprio con il costante contrasto tra il sogno e il suo raggiungimento che lottano i personaggi di “Walking on the Moon”. Personaggi ai quali la Compagnia dell’Orologio tutta riesce a infondere passioni, paure e vita in un testo surreale ma concreto che risplende come un satellite in orbita sullo spettatore. La contemporaneità è centrata in pieno: sull’homepage di Google campeggia il primo Doodle a 360° in onore di Georges Méliès e nei cinema di tutto il mondo sta sbancando “Ready Player One”, ultimo grande film di Spielberg ambientato in una realtà aumentata che indaga proprio il confine (esistente?) tra realtà e virtuale, ridefinendo il concetto di intrattenimento. “La tecnologia è davvero una possibilità concreta di realizzazione dei nostri sogni?” chiede al pubblico Leonardo Ferrari Carissimi, regista di “Walking on the Moon”. 

Il cast riceve gli applausi del pubblico (Ph Credit: facebook.com)

La risposta arriva durante i lunghi e intensi applausi in chiusura di questa prima rappresentazione da tutto esaurito: l’interprete di Collins, Graziano Piazza, interrompe gli applausi e tra lo stupore generale tira fuori un anello e si inginocchia a Viola Graziosi, sua compagna presente tra il pubblico. La risposta quindi è no, non alla proposta di matrimonio ma alla domanda di cui sopra: la tecnologia non può concretamente realizzare i nostri sogni, può intrattenerci, può darci un’ispirazione, può contribuire a far germogliare un seme piantato nella realtà ed è nella realtà che dobbiamo coglierne il frutto. Ieri sera grazie a un anello e uno spettacolo teatrale ho assistito alla materializzazione nella realtà di un concetto virtuale: “L’amor che move il sole e l’altre stelle”